Loving Vincent

Mentre cercavo un terzo film per concludere un “tris” di recensioni, mi sono ricordata di questo splendido lungometraggio, Loving Vincent, visto a inizio anno di cui non avevo speso parola, e che vista la complessità dell’argomento, meritava un post a parte. Il film è disponibile sulla piattaforma Amazon Prime Video (gratuita per i clienti Amazon Prime) ma è anche stato trasmesso in televisione.
Si tratta di un film d’animazione in rotoscope che descrive l’ultimo periodo della vita di Vincent Van Gogh, trascorso ad Auvers-sur-oise, in Francia, un piccolo paese, oggi di 7000 abitanti, a 52 km a sud di Parigi, che alla fine dell’800 era molto in voga tra gli artisti. Qui si ritiravano a dipingere scene di campagna, analogamente a come si poteva fare a Pont-Aven, in Bretagna, ancor più famoso ritrovo di pittori impressionisti e post-impressionisti.
Ad Auvers Van Gogh dipinse alcuni dei suoi quadri più celebri, come Campo di grano con volo di corvi o l’omonima Cattedrale di Auvers; ed è proprio qui che si trova la sua tomba (e non in Olanda come le sue origini potrebbero far pensare) insieme a quella del fratello Theo, al quale l’artista era profondamente legato e di cui infatti abbiamo, come principale riferimento sulla sua vita, tutta la corrispondenza.

Van Gogh morì apparentemente suicida, siamo nell’estate del 1890. Il film parla proprio di quest’ultimo avvenimento, seguendo le indagini di un personaggio esterno, che è il figlio di un postino e che ha intrapreso un viaggio fino ad Auvers. È incaricato di recapitare l’ultima lettera di Vincent, destinata al fratello Theo. Il figlio del postino scoprirà che anche Theo è morto e inizierà a interrogare vari personaggi con cui Van Gogh era entrato in contatto, per capire a chi sia più giusto consegnare quell’ultima lettera.
Loving Vincent ha la particolarità di essere un film “interamente dipinto”, cosa che lo rende unico nel suo genere. Si presenta, quindi, come un film d’animazione, con immagini che hanno lo stile dei dipinti di Van Gogh (alcuni, quando possibile, come Il volo dei corvi, sono proprio presenti fra le immagini) su una base in rotoscope.
Rotoscope: Questa tecnica prevede di riprendere immagini con attori veri, e poi successivamente, oggi in digitale, di “ricalcare” ed editare il video in modo che assuma le sembianze di un fumetto.

Personalmente amo molto questa tecnica, di cui mi sono innamorata dopo aver visto, già molti anni fa, film come Waking Life (che consiglio, si tratta di un film sui sogni, parlo abbondantemente di sogni in quest’altro articolo) e “A Scanner Darkly” (con Keanu Reeves, tratto da un libro di Philip K.Dick), tutti e due di Richard Linklater. Entrambi li vidi intorno al 2009-2010. In quel periodo ascoltavo molta IDM (per chi non la conoscesse: Intelligent Dance Music, un sottogenere dell’elettronica), band come Autechre, Boards of Canada, Plaid.
Fu un’estate molto strana, quasi irreale, e il rotoscope infatti ha questa particolarità: rende la realtà una non-realtà, la inserisce in uno stato intermedio, come se si trattasse di un sogno.
È perciò quindi una tecnica molto azzeccata per un film come Loving Vincent, poiché, nel descrivere la vita di Van Gogh, è necessario cercare di mostrare la realtà così come poteva vederla con i suoi occhi: dipinta. Sospesa, e metà tra il sogno ed il reale, riletta con una sensibilità differente.
Il tentato suicidio con colori tossici
Van Gogh è morto in miseria e, ufficialmente, anche suicida. Nel caso non si voglia credere alla versione del suicidio, bisogna comunque ammettere che se proprio si sia trattato di un assassinio, il colpevole ha semplicemente tolto a Vincent il problema di farsi fuori, cosa non sempre semplice, e che lui aveva comunque già provato a fare in passato da solo, ma con scarsi risultati. Van Gogh aveva avuto una lunga permanenza in manicomio, in cui aveva prodotto più di 150 quadri (tra cui la famosa Notte stellata) e aveva provato a uccidersi ingerendo colori tossici, così che gli era stato poi proibito di utilizzare la pittura ad olio.
Ancora prima, in una lite con l’amico Gauguin, si era tagliato il lobo dell’orecchio e l’aveva poi recapitato a una ragazza che gli piaceva, la prostituta di un bordello, Rachele. Non si può dire, quindi, che il nostro Vincent avesse un carattere facile.
Uscito dal manicomio, soffriva ancora di depressione e qui nel suo ultimo periodo ad Auvers era in cura presso un amico medico; sembrava tranquillo e in via di miglioramento, sebbene fosse evidente agli abitanti del paese il suo carattere solitario. Il medico che lo aveva in cura, anch’egli con velleità da pittore, era in realtà in forte competizione con Van Gogh (e non esente da invidie, come viene mostrato nel film), che, seppur tardivo (aveva iniziato a dipingere quando aveva già 27 anni) e assolutamente povero, manifestava un indubbio talento. Van Gogh era innamorato della figlia di quest’uomo, che però gli fu proibito di vedere; si sa poco e niente su se fosse ricambiato o meno. La donna negò di aver mai avuto una relazione con lui, ma resta che non si sposò più e conservò una considerevole collezione di suoi dipinti.
Van Gogh in quel periodo ad Auvers era in continuazione oggetto di scherno da parte degli altri pittori che erano soliti riunirsi a bere all’aperto e a frequentare donne di facili costumi dopo aver dipinto tutto il giorno. La pistola con cui rimase ferito allo stomaco apparteneva a uno di loro, il pittore Emile Bernard. Van Gogh quel pomeriggio del 29 Luglio 1890 ritornò sanguinante alla locanda dove alloggiava, senza voler rivelare il nome dell’assassino, e morì dopo due giorni.

Lettere a Theo
Il film è di produzione britannico-polacca ed è uscito nel 2017 in Italia per soli tre giorni. Mette in luce come Van Gogh fosse un uomo assolutamente gentile, apparentemente normale, che rifuggiva però la maggior parte delle compagnie, troppo rumorose e volgari rispetto al suo modo di essere. La sensibilità non comune di Van Gogh è evidente anche dalle lettere a Theo, in cui spesso si possono cogliere maggiori dettagli sui suoi quadri. Queste si possono ritrovare nell’edizione Guanda (una casa editrice famosa per aver portato in Italia autori come Luis Sepulveda).
Nota: la frase nel titolo è una locuzione di Orazio e vuol dire “Come nella pittura, così nella poesia”, a sottolineare la vicinanza fra i due mezzi d’espressione. Lo stesso Van Gogh, affermava che “disegnare a parole è anch’essa un’arte, che a volte tradisce una forza nascosta e dormiente, come piccoli fili di fumo grigio o blu svelano l’esistenza di un fuoco nel focolare”.
“Io sono completamente preso dall’immensa pianura con i campi di grano contro le colline, senza confine come un mare, di un giallo, di un verde tenero, delicato, il viola tenero di un pezzo di terreno zappato e sarchiato, con il verde delle piante di patate in fiore che forma un disegno a scacchi regolari, e tutto ciò sotto un cielo a tonalità delicate di azzurro, bianco, rosa, e violetto. Sono di un umore sin troppo calmo, sono dell’umore adatto a dipingere questo.”
(Lettere a Theo, 650)
Dove vedere Van Gogh in Italia:
Senza nessuna pretesa di esaustività, annoto che Van Gogh è presente nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma (dove c’è anche qualcosa di Klimt) e nei Musei Vaticani (Pietà di Van Gogh, devo averlo visto, ma distratta da altro non me lo ricordo).
Van Gogh all’estero:
Oltre al più che noto Van Gogh Museum di Amsterdam (del quale purtroppo non ho foto, probabilmente erano vietate), è ricco di quadri Van Gogh anche il famosissimo Museo d’Orsay a Parigi, una ex stazione ferroviaria adibita a tempio dell’impressionismo e post-impressionismo.
Comunque su Amazon Prime (servizio oramai più che diffuso, visto che fare a meno delle consegne a casa gratuite non si può) ci sono anche altri film dedicati a grandi della pittura: Renoir (2012); Gauguin con Vincent Cassel (2017); Klimt (2006) con John Malkovich, Egon Schiele (2016) e Caravaggio (1986). Forse converrebbe dare una chance a qualcuno di questi.
Fonti:
Lettere a Theo – Van Gogh
Grandi Monografie Mondadori – Van Gogh
Museo d’Orsay – Catalogo ufficiale